C’è delusione è inutile negarlo. L’Inter stecca anche con la Fiorentina facendo si che la partita di Torino contro la Juventus dopo la sosta diventi la Dunkirk nerazzurra, l’ultima spiaggia verso quelle ambizioni da Scudetto cullate fin qui, e che stanno invece ora inesorabilmente naufragando.

Proprio questa eccessiva carica di responsabilità attorno alla squadra è probabilmente una causa importante che ha portato a queste ultime settimane di sofferenza e pessimismo. La società tutta, dalla proprietà fino a quei dirigenti che nonostante le difficoltà economiche hanno cercato di regalare ai tifosi nerazzurri una squadra competitiva, si sono dimenticati di ricordare all’opinione pubblica i grandi sacrifici fatti in estate, e il fatto che molti addetti ai lavori considerassero l’Inter addirittura a rischio di restare fuori dalle prime quattro. E se vincere uno Scudetto dopo 11 anni ed essere costretti la stessa estate a cedere alcuni tra i migliori giocatori della squadra è una cosa che più da Inter di cosi non si può, ecco che trascurare la difesa mediatica di squadra e allenatore è un errore di calcolo che adesso si rischia di pagare. Errore commesso forse per prendersi i meriti di aver costruito nonostante tutto un team adatto a centrare la tanto agognata seconda stella, o per cercare di far dimenticare in fretta Hakimi e Lukaku.

Tutto questo ha però portato, alla luce degli ottimi risultati e dell’ottimo gioco espresso dai nerazzurri fino a febbraio, ad illudersi che la squadra non si fosse effettivamente poi cosi indebolita rispetto all’anno scorso. E cosi mentre il Milan che lavora con Pioli da più di tre anni e che ha qualche alternativa in più rispetto alla passata stagione è uscito allo scoperto solo recentemente riguardo al discorso tricolore, mentre la Juve di Allegri è riuscita addirittura a definire non fallimentare l’uscita dalla Champions con il Villareal, l’Inter ha fatto il carico di responsabilità facendo il gioco dei rivali, lasciati competere senza pressione.

Da settembre in poi nessuno ha più parlato dell’assenza di un attaccante che in due stagioni era stato capace di segnare 64 gol, di un terzino destro tra i migliori al mondo e di un allenatore vincente ed ambizioso (senza dimenticare Eriksen). E nessuno dal mondo Inter lo ha ricordato, solo Inzaghi un paio di volte, che però non ha la cazzimma di Conte nel far valere le sue ragioni. Ecco che quindi con un allenatore nuovo alla prima esperienza in una big e privi di top player decisivi, il biscione si è fatto carico delle aspettative di tutti, accettando il discorso per cui se non sarà Scudetto sarà fallimento, e se lo vinceranno gli altri sarà un’impresa sportiva. E questo è un gioco che qualcuno in società doveva capire ed arginare, perché non diventasse una spada di Damocle sulla testa di squadra e allenatore.

Appunto l’allenatore. Criticato spesso e volentieri nelle ultime settimane, Simone Inzaghi dopo aver fatto di più dello sperato nella prima parte di stagione è poi diventato complice della crisi nerazzurra, sbagliando alcune scelte e generando qualche lecito mugugno. Le differenze con Conte al positivo e al negativo ci sono, ma ci sono anche delle analogie come il modulo e la grande dedizione alla causa. Proprio il 3-5-2, sia per Conte che per Inzaghi, è un punto di forza e allo stesso tempo un limite quando bisogna trovare alternative. Ma questo è un discorso valido per tutti gli allenatori che hanno sposato una determinata filosofia e non intendono abbandonarla. Altro non è che il famoso quesito di Capello a Conte sul famoso piano B. Al momento anche Inzaghi sembra esserne sprovvisto, ma con un Lukaku in meno e un Correa in più, che però non sta minimamente dimostrando di meritare i 30 milioni investiti per lui dall’Inter l’estate scorsa.

Tornando al presente, Torino è quindi la partita che potrebbe rilanciare la corsa Scudetto interista e al contempo spegnerla definitivamente, con la Coppa Italia che diventerebbe a quel punto decisiva per fare un bilancio della stagione. Bilancio che però dovrà essere onesto nei confronti di tutti, senza dimenticare che con il numero 9 delle ultime due annate (e magari un Dzeko in più) l’Inter starebbe con tutta probabilità viaggiando spedita verso il tricolore. Ma Lukaku non c’è più, e prima di definire fallimentare una stagione è bene ricordare quale complicatissima estate abbia vissuto l’Inter nel 2021.

Ora tutto il club deve compattarsi intorno a squadra e allenatore, per giocarsi tutto a Torino credendo nell’impresa. Perché se fino a poche settimane fa ci avevano dipinto con il campionato in tasca, ora ci hanno già fatto il funerale e chissà che non porti bene….


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