Segna, un bel gol tra l'altro, mica semplice ed oltretutto decisivo, ma la cosa più bella è ciò che avviene dopo: la sua esultanza.

Quando un attaccante riesce a sbloccarsi da un periodo di digiuno, ti aspetti minimo che quest'ultimo sfoghi la sua gioia e, al tempo stesso, frustrazione con un qualcosa - a meno che non sia legatissimo alla sua esultanza personale - di narcisista ed egocentrico ai massimi livelli: “Ma chi sono?!”, “Sono tornato!”, “Zitti, silenzio!”, “Parlate, parlate!”, etc. Minimo.

Anche Lautaro ieri sera ha fatto un gesto forte, ma nulla a che fare con il "io", ma con il "noi": un gesto di scuse verso i suoi tifosi, per aver fallito il rigore nel derby due settimane prima ed essere rimasto a secco per circa un mese. Un gesto che riflette la grandezza del Toro.

MENTALITÀ - “Ho chiesto scusa ai tifosi perché capita di sbagliare. Faccio sempre del mio meglio per la squadra: non è un problema se sbaglio io ma lo è se poi l'Inter non vince. E' stato bello”. Queste sono state le parole di Lautaro al termine dell'incontro in merito alla sua esultanza. Un chiaro segno di mentalità in questa dichiarazione che fa, appunto, capire che l'importante è l'Inter, non lui, e che segnare non lo fa per sé stesso ma per la squadra, per il suo bene.

MATURITÀ - Pensare che poco più di anno fa, sempre in occasione di Inter-Napoli, il Toro, che si trovava anche in quel caso nella medesima situazione in fatto di reti, dopo un meraviglioso gol aveva esultato con un gesto polemico, il classico "Bla, Bla, Bla". Chiaramente legittimo, ma allo stesso tempo un po' fuori contesto dal momento che, effettivamente, non viveva un periodo proprio semplice. Ma ieri sera ha dato dimostrazione di essere maturato: nella stessa situazione, ha dato prova di essere cresciuto facendo capire che ha riconosciuto il suo momento complicato. Cosa non da pochi, specie se si tratta di un ragazzo di 24 anni.

UMILTÀ - Immaginate di star deludendo da un po' di tempo e riusciate, poi, a riprendervi la vostra rivincita: di solito, si prende gel e si rialza la cresta, è normale. Non per chi è umile. Perché chi lo è, capisce di aver sbagliato e capisce che un gol non lo rende nuovamente onnipotente. Capisce l'importanza del lavoro, e non si sdraia ancora una volta sugli allori ma continua a lavorare, per farne altri, di gol. Perché sa chi è, cosa e quanto può fare.

Per farla più breve, il tutto si può riassumere in tutto ciò che è un leader. Il leader che guida l'attacco e sa che ricadono su di lui delle responsabilità importanti. E non vuole deluderle, per sé stesso, certo, ma soprattutto per l'Inter, per i tifosi e per chi crede nei nerazzurri.

 


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