Sfumato il sogno Champions e senza la Coppa Italia ai nerazzurri è rimasto solo il campionato, che per quanto indirizzato rimane da onorare con un possibile obiettivo per tenere alta la concentrazione del gruppo: il record dei 102 punti della Juve di Conte.

Non essendo rimasto nient'altro in gioco è giusto porsi altri traguardi, quello che ha fatto l'Inter quest'anno rimane memorabile, ma scrivere una pagina di storia del genere consegnerebbe questa squadra all'immortalità.

Certo, rimane un'impresa e sicuramente non una priorità ma i ragazzi di Inzaghi hanno le carte in regola, soprattutto giocando una volta a settimana, per vincere tutte le partite rimanenti nonostante una forma che forse non appare come quella dei giorni migliori.

A Udine però la prestazione è maiuscola, una partita dominata dall'inizio alla fine risolta all'ultimo solo per qualche problema nel finalizzare ed un gol subito molto casuale, ovviamente.

Per espugnare la Dacia Arena Inzaghi si è affidato ai titolarissimi ad eccezione di Bastoni, non al meglio, rimpiazzato da Carlos Augusto.

Le formazioni ufficiali.

La piega che prende la partita è chiaro sin dall'inizio: l'Inter fa la gara, i padroni di casa aspettano per poi provare a ripartire.

Nell'affrontare i  nerazzurri con un blocco basso l'Udinese è però costretta a correre tanto per coprire più campo possibile vista la mole di uomini con cui attaccano gli ospiti.

Come sempre infatti i braccetti erano molto coinvolti nella fase offensiva con i centrocampisti che si abbassavano per coprirli, la costruzione era spesso a 3 proprio con uno dei centrocampisti, se non due, nella prima linea.

I bianconeri facevano uscire una mezzala (Samardzic) sul braccetto, con i quinti che andavano sull'uomo in fascia.

Pereyra sul braccetto dx, Thauvin su Acerbi.
Samardzic esce sul braccetto sx, così facendo lascia il centro del campo ai soli Walace e Zarraga.

Quando invece il giropalla si spostava sulla destra il serbo stringeva la posizione per coprire il centrocampo.

Questo atteggiamento svuotava la fascia sinistra e permetteva le avanzate, interne e in ampiezza, di Carlos Augusto, servito da cambi gioco permettendo all'Inter di guadagnare campo e far arretrare sempre di più gli avversari.

L'Udinese è stata infatti “lavorata ai fianchi” con continue avanzate dei braccetti interisti esternamente, costringendo la squadra di Gotti ad indietreggiare.

Specialmente quando, tramite trasmissioni veloci di palla da una parte all'altra del campo e fluidità, saltavano le marcature lasciando uomini dell'Inter da soli.

Qui ad esempio con un cambio gioco la palla torna a destra, Barella si abbassa e Kamara istintivamente lo segue essendo l'uomo largo visto che Pereyra stava ancora stringendo la posizione. Questa uscita libera Pavard su cui non esce il braccetto perché “fissato” da Dumfries.

Fluidità che porta anche a scelte forzate da parte dei bianconeri, quando l'Inter coinvolgeva tanti giocatori in fase di costruzione infatti l'Udinese lasciava tanto spazio sulla fascia opposta per coprire le imbucate e la densità sul lato forte, a quel punto i soliti cambi di gioco di Barella/Calhanoglu, favoriti dagli smarrimenti di Dimarco, diventavano fondamentali per guadagnare metri.

Dimarco attira Ehizibue lasciando spazio per Carlos Augusto.

La fascia sinistra è stata come al solito un fattore per il attaccare la linea grazie al movimento perpetuo di Dimarco.

Sia lui che Carlos Augusto potevano accentrarsi o anche ricevere larghi, dando vita alle solite ottime combinazioni insieme ai centrocampisti.

Immagine particolare rispetto al solito perché Carlos Augusto si sovrappone internamente, un movimento che ha fatto spesso e che non siamo soliti vedere.

Vista la costruzione sulle fasce la linea a 5 dei padroni di casa si è spesso sfilacciata con le pressioni dei quinti, permettendo tanti spazi per inserirsi ed attaccare la profondità da parte non solo degli attaccanti ma anche del solito Dimarco, che tagliava metà campo per trovare lo spazio giusto da aggredire con i suoi movimenti a mezzaluna.

Una soluzione, quella dei lanci ad attaccare la profondità, che non ha mai pagato più di tanto.

In questo caso è Lautaro che vede tanto spazio tra i difensori, buttandocisi dentro.

Ovviamente la prerogativa di Inzaghi, come sempre, era quella di attaccare centralmente, il palleggio sulle fasce era volto anche e soprattutto ad attirare la pressione per poi imbucare.

Prima abbiamo sottolineato come la pressione di Samardzic sul braccetto sinistro lasciasse il centro del campo sguarnito coi soli Walace e Zarraga a difenderlo, ecco l'Inter ha sfruttato soprattutto le pressioni avventate del primo su Calhanoglu per tagliare fuori il centrocampo friulano.

Walace in una delle tante aggressioni avventate lascia da solo Zarraga.

Tramite queste imbucate centrali l'Inter trovava spesso la superiorità posizionale e riusciva ad attaccare la porta frontalmente e in maniera dinamica.

Seconda puntata di “Walace che esce avventatamente”.
Anche qui il brasiliano è nella terra di nessuno.

Quando Calhanoglu riusciva a trovare la posizione giusta per non farsi pressare allora la manovra interista diventava molto più pericolosa ed ambiziosa.

Purtroppo però arriva lo svantaggio da una situazione molto casuale, l'Udinese non costruisce mai nulla di pericoloso ed il gol non fa eccezione: a fine partita saranno 0.09 gli xG accumulati dai friulani.

Su azione manovrata non sono mai stati pericolosi, infatti il valore del PPDA interista è bassissimo (4.6), a conferma del fatto che le iniziative bianconere erano tutte dirette e non duravano più di pochi secondi.

La fase di costruzione praticamente non esisteva, Okoye infatti ha optato spesso per lanci lunghi diretti, lanci che erano perfetti per la riconquista del pallone interista vista la mancanza di stazza del duo d'attacco composto da Pereyra e Thauvin.

Nei brevi frangenti in cui la squadra di Coffi ha provato a costruire si è notato una sorta di 4+1 con Bijol che si alzava dalla linea dei difensori.

Zarraga si smarcava sulla fascia facendo salire Kamara in ampiezza, i due braccetti diventavano i centrali di difesa con Walace che all'occorrenza si allargava.

La pressione interista è sembrata molto improvvisata a volte, con Barella che trattava Kristensen come un braccetto appunto e non come un centrale di difesa.

Era proprio la mezzala ad uscire su di lui, Lautaro stringeva spesso la posizione per coprire Bijol, ne usciva fuori che l'Inter si trovava in inferiorità in pressione proteggendo tanto il centro del campo ma lasciando scoperte le zone laterali.

Il movimento odi Bijol ad attirare Lautaro sgombrava la linea di passaggio per i difensori.

Quelle poche volte in cui la pressione veniva superata costringendo i nerazzurri a ripiegare però l'Udinese non ha mai trovato soluzioni per fare male, in generale sembrava non volere proprio la palla perché non sapeva cosa farsene.

Nonostante questo ha resistito per 90 minuti anche grazie ad un po' di fortuna, neanche l'ingresso di Sanchez al posto di Calhanoglu sembrava scalfire la loro retroguardia.

Il cileno è entrato praticamente senza ruolo col compito di imbucare per i compagni, riuscendoci pure un paio di volte.

Alla fine però l'Inter ne viene fuori grazie ad un gran tiro di Lautaro ed i solito fiuto del gol di Frattesi, che non è nuovo a fare gol così pesanti.

Una rete che permette ai suoi compagni di raggiungere la sesta vittoria consecutiva in trasferta e che mantiene vivo il sogno del record.

Per rimanere tale adesso nerazzurri dovranno affrontare il Cagliari di Ranieri in casa senza Lautaro e Pavard, ammoniti e dunque squalificati vista la loro diffida, ma anche senza loro ci si aspetta, chiaramente, una vittoria, sperando sempre che i ragazzi d iInzaghi non abbassino la guardia proprio ora.


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