Walter Samuel, “ il muro” compie oggi 44 anni, festeggiati come sempre a modo suo, lontano dai riflettori. 

Anche per questo suo essere antidivo, Samuel viene forse sminuito; quando non c’è dubbio alcuno che sia stato uno dei migliori centrali a livello mondiale per gran parte della sua carriera. Difensore duro, ma corretto, Samuel sembrava uscito da un film di Sergio Leone: perfetto con quei suoi occhi di ghiaccio e il volto da duro, per incutere timore e rispetto ad una prima occhiata. Il Muro non è esattamente il tipo a cui ci si rivolgerebbe con toni sgarbati a cuor leggero, ma la verità è che Samuel è, a detta di chi lo conosce bene, una persona buona e calma. In campo era semplicemente un difensore che si faceva rispettare, ma senza essere mai scorretto.

Nato Walter Luján, cancella il cognome del padre che lo ha abbandonato in tenere età e, dopo gli inizi da attaccante diventa il difensore che tutti conosciamo. Newell’s e poi Boca Juniors, dove agli ordini di Carlos Bianchi conquista da titolarissimo la Libertadores del 2000. Proprio con l’avvento del nuovo millennio Samuel è pronto per il salto in Europa, dove lo aspetta la Roma e Fabio Capello, allenatore che capirà subito il livello del centrale argentino, rendendolo immediatamente un perno dell’ultima Roma scudettata.

Dopo quattro anni esaltanti a Roma cede alle lusinghe del Real Madrid, dove in una stagione tumultuosa con i “Galacticos” allo sbando, viene preso di mira dal tifo madridista per quel suo essere troppo poco appariscente, troppo poco stellare per una squadra costruita a suon di grandi nomi. Cosi dopo un solo anno in Spagna Walter torna in Italia dove ad attenderlo c’è l’Inter, colonia argentina e luogo ideale dove riscattarsi. Samuel però, farà molto di più. Tornerà ai massimi livelli, rimanendo a Milano per nove stagioni in cui vince tutto. 236 presenze e 17 reti, momenti indimenticabili, ma anche momenti estremamente complicati, come quando si rompe il legamento del ginocchio in un derby di Natale vinto 2-1 dai nerazzurri. Kakà lo punta, il ginocchio di Samuel va in tersione e il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro salta. Samuel si accascia al suolo prigioniero del dolore, ma non prima di essersi rialzato ed essersi assicurato che l’azione del Milan non portasse a nulla. E proprio il derby è sempre stata una partita speciale per Samuel che tendeva ad esaltarsi nelle grandi sfide. 10 vittorie in 10 derby giocati, forse la partita in cui ha sempre dato il meglio di se. Proprio ad un goal nel derby, nel 2012, è legato uno dei suoi ricordi più belli in maglia neroazzurra. Ma prima di quella dolce serate, ci sono notti ancor più saporite da gustare con addosso i colori del cielo e della notte.

Si perché nel 2008 quando rientra dall’infortunio al ginocchio ad attenderlo ad Appiano c’è un nuovo comandante: Josè Mourinho. Il portoghese farà di lui una delle colonne del Triplete, in cui in coppia con Lucio disputerà una stagione straordinaria, risultando decisivo per gli innumerevoli successi raccolti. Per Mourinho, Samuel rispolvera anche il suo passato di attaccante, segnando un gol pesantissimo contro il Siena la notte del 6 gennaio 2010. Sotto il diluvio la risolve il Muro in pieno recupero con un gol da centroavanti vero, mettendo il punto esclamativo su una delle partite più iconiche di quella storica annata.

Samuel lascerà l’Inter nel 2014, e chiuderà la carriera in Svizzera al Basilea, con cui vincerà altri due campionati e dove sarà protagonista di una storico pareggio ad Anfield che vale agli elvetici il passaggio agli ottavi di finale.

Oggi è collaboratore tecnico della nazionale argentina, ma è ricordato con immenso amore dai tifosi interisti che lo hanno fatto sentire apprezzato ed importante come nemmeno a Roma e Buenos Aires, dove ha comunque lasciato ricordi stupendi e qualche fetta di cuore. La sensazione però è che il club “della vita” del Muro sia stato l’Inter, che lo ha definitivamente elevato al rango di difensore di livello mondiale riconosciuto anche dagli avversari. Ricorda Gattuso: “ Samuel è un grande difensore  ma in campo è davvero un duro, in tutti i sensi. Quando capita in partita di sbattere addosso a lui, si sente eccome, sembra una roccia”. Roccia era il soprannome dell’indimenticato Tarcisio Burgnich, colonna della Grande Inter degli anni ’60. Da Roccia a Muro il passo è lungo 40 anni, periodo che racchiude gioie e delusioni, a cavallo tra le due Inter più vincenti della storia; storia alla cui origine c’è sempre una Roccia o un Muro, fate voi. Questa volta si, cambia pochissimo. Felicidades Walter.

 


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