Com'è che si dice? L'Inter agli interisti. Una frase retorica che non per forza va seguita e che di sti ultimi tempi, popolati solo dalla professionalità e il desiderio di ambizione economica, si è vista applicarsi di rado. Tuttavia, un uomo interista fin da bambino - per davvero - ieri sera all'Olimpico, come nel resto della stagione, ce l'ha fatta riassaporare.

Quell'uomo si chiama Federico Dimarco e la sua storia racconta alla perfezione cosa significhi nel dettaglio il termine "Interismo". Da sempre fedele al nerazzurro, cresciuto nella primavera della sua Beneamata e poi mandato a fare un po' di gavetta in prestito, il classe '97 quest'anno è ritornato all'Inter e si è unito alla prima squadra per, a detta sua, realizzare il suo sogno: lottare per la sua unica e amata bandiera colorata di nero e azzurro.

Parole importanti alle quali ha dato fedelmente il loro seguito. Nonostante non fosse semplice imporsi nella squadra campione d'Italia in carica, il giovane difensore in ogni gara che ha disputato, che fossero 120 minuti oppure 1, ha sempre dato battaglia con l'amore che scintillava dai suoi occhi e la convinzione che prima di tutto venisse l'Inter.

Potrebbe essere confuso con un grande spirito di professionalità ma no, quello che ha mostrato Federico è di più. E' sbagliare un rigore contro l'Atalanta agli sgoccioli che sarebbe valso la vittoria e poi rialzarsi immediatamente con le lacrime che a stento si trattengono perché all'Inter e per l'Inter non si molla mai. E' come entrare a partita in corso in finale di Supercoppa contro la Juventus e dare il massimo anche per una manciata di minuti e tirare fuori dal cilindro il cross che di fatto farà entrare nella storia il minuto 120:01.

E' come esser chiamato in causa in partite come quelle contro il Napoli quando è assente uno degli assi della squadra e sopperire alla sua mancanza con prestazioni magistrali. E' come entrare al 63' in una finale di Coppa Italia contro l'acerrima rivale storica della sua squadra in situazione di svantaggio, contribuire in maniera determinante alla rimonta e uscire dal campo al 116' col sorriso, dando il cinque ad ogni suo compagno e rimanendo a bordo campo per sostenere ognuno di loro.

Come già detto, questo non è il rispettabile professionismo di un uomo che prende con serietà il suo lavoro: questo è l'amore pazzo di chi mette al primo posto l'Inter e professa l'Interismo


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