Mariga contro il Barcellona (Instragram)
Mariga contro il Barcellona (Instragram)

La Champions League incorona, ogni anno, una squadra campione d’Europa. Sono 68 le edizioni fin qui disputate, con altrettante rose differenti premiate. Tra queste, soprattutto negli ultimi anni, da quando cioè i club iscrivono 30 o più calciatori, tantissimi sono i giocatori che non solo non lasciano alcun segno nel torneo, ma proprio non scendono in campo o quasi. Eppure, alla fine della competizione, possono fregiarsi del titolo di campioni d’Europa.

L’Inter è arrivata in finale cinque volte: in tre occasioni è risultata vincente, ma non sempre sono stati insigniti del titolo solo i grandi protagonisti. Soprattutto nella rosa del 2010, ci sono molti giocatori (in)dimenticabili da citare.

La stagione 2009-10 è ricordata da tutti gli interisti come l’annata perfetta: i ragazzi guidati da Mourinho, infatti, riescono a imporsi in tutte e tre le competizioni della stagione e portano a casa il Triplete che nessuna squadra italiana era (ed è ancora) riuscita a conquistare.

In quel gruppo, nomi come quelli dei brasiliani Júlio César e Lúcio oppure degli argentini Walter Samuel e Diego Milito sono impressi nella mente di tutti i tifosi nerazzurri. Anche giocatori che spesso entrano dalla panchina come Iván Córdoba e Marco Materazzi, ma anche il secondo portiere Francesco Toldo vengono ricordati con affetto. Lo stesso Goran Pandev, nonostante sia arrivato solo a gennaio, viene messo allo stesso livello di chi quella stagione l’ha iniziata.

I giocatori (in)dimenticabili del 2010


Ci sono però alcuni giocatori che difficilmente vengono in mente quando si tratta di Inter del Triplete. Tralasciando i giovani aggregati dalla formazione Primavera come i due sloveni Rene Krhin e Vid Belec, non possono non essere citati, in ordine di ruolo, Paolo Orlandoni, McDonald Mariga e Marko Arnautovic.

Paolo Orlandoni, portiere di Bolzano, dopo essere partito dalle giovanili dell’Inter, ha girato l’Italia dimostrandosi ottimo estremo difensore in provincia, come nei casi di Reggio Calabria e Piacenza. Il numero 21 nerazzurro, rappresenta un primo esempio di quello che poi saranno le scelte di Tommaso Berni e Alex Cordaz: cioè una sorta di “premio” alla carriera a portieri che hanno iniziato nell’Inter e che sono giunti, dopo tanti anni, alla fine della loro vita calcistica.

Orlandoni resta all’Inter per ben sette stagioni, scende in campo sei volte in totale e, durante quell’annata storica, “rischia” di dover fare la sua parte proprio in quell’Inter-Barcellona che nessun interista scorderà mai: con Toldo infortunato è lui infatti a sedersi in panchina a San Siro.

Nel ritorno di quella partita, a scendere in campo è invece McDonald Mariga. Centrocampista forte fisicamente, primo keniota della storia del campionato italiano, è chiamato a sostituire Patrick Vieira, partito alla volta di Manchester sponda City in gennaio. Chiaramente, il giocatore africano non si avvicinerà mai nemmeno per un attimo al livello dell’ex capitano dell’Arsenal. E proprio a Vieira è legata una questione particolare: non trovandosi in rosa al momento della vittoria finale, l’allora centrocampista non può fregiarsi del titolo di campione d’Europa, nonostante anch’egli abbia giocato due partite del torneo.

Come non citare poi Marko Arnautovic: l’austriaco, non gioca mai in coppa ma al ritorno a Milano, in un San Siro riempitosi per celebrare i calciatori tornati vittoriosi da Madrid, è lui ad animare la festa in campo.

La Coppa del 1965, “il terzo straniero” e il gol di rapina

Infine, per fare un doveroso salto alle coppe degli anni Sessanta, vale la pena di citare il caso di Peirò: in un’Inter che, nella stagione 1964-65 poteva schierare al massimo due non italiani in campionati, lo spagnolo ricopre il ruolo di “terzo straniero” di coppa. In Europa, infatti, l’Inter poteva metterlo in campo assieme a Jair e Suarez. Il 12 maggio 1965, gara di ritorno di semifinale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool (3-1 per i Reds all'andata), lo spagnolo segna un gol di rapina storico. Rimasto fuori dal campo dopo un’azione d’attacco, aspetta che il portiere inglese, non accortosi di lui, metta il pallone a terra per rilanciare, solo per rientrare in campo alle sue spalle, rubargli la palla e depositarla in rete per il più facile dei gol.

 

Federico Sanzovo


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