L'Inter strappa un pareggio d'oro a Barcellona fermando i padroni di casa e fissando il risultato finale con un pirotecnico 3-3 che, peraltro, vede più rammaricati i nerazzurri visto il pareggio blaugrana arrivato nei minuti di recupero e la colossale occasione sciupata da Asllani.

Questo risultato è una mazzata tremenda per il Barcellona visto che ora ai nerazzurri basterà battere, tra le mura amiche, il Plzen per qualificarsi agli ottavi di finale di Champions League. E dire che tutto il popolo catalano aveva preparato questa partita come fosse una finale, dimostrando - peraltro - come sia caduto in basso un club storico come il Barcellona, solitamente abituato a competere per vincere e adesso ridotto a fare la guerra per una partita dei gironi di coppa.

Xavi ha passato una settimana a caricare di pressioni i suoi giocatori, l'ambiente e, soprattutto, l'arbitro, viste le continue polemiche per il match dell'andata dove non venne assegnato un rigore al Barcellona per un fallo di mano di Dumfries. Una settimana di chiamata alle armi, “Il Camp Nou sarà il vostro inferno”, minacce via social ai giocatori (Bastoni su tutti), divieto di ingresso allo stadio indossando indumenti e vessilli nerazzurri (e meno male che il calcio è uno sport che unisce e che proprio i catalani si dimostrano molto attivi nelle campagne contro l'omofobia e quant'altro) cori offensivi nei confronti dell'Inter per tutto il riscaldamento delle squadre. Una serie di atteggiamenti, su cui bisognerebbe aprire una indagine, che ha portato esattamente al risultato non voluto visto che il Barcellona è con la spalle al muro. Il Barcellona ha fatto tutto come esattamente dodici anni fa quando, prima della semifinale di ritorno contro l'Inter di Mourinho, aveva caricato a mille l'ambiente esponendo lo storico striscione “remuntada” che, come la storia insegna, non ci fu, anzi, furono i nerazzurri a qualificarsi per la finale di Madrid poi vinta ai danni del Bayern Monaco.

I catalani, oltre che deboli e impauriti, si sono dimostrati recidivi. La lezione non è stata imparata e ieri i ragazzi di Xavi si sono dimostrati come se fossero frenati da qualcosa. "Per loro un'ossessione, per noi un sogno", diceva un signore portoghese tanto amato in casa Inter e così odiato a Barcellona nel 2010, e così è stato. Loro volevano la guerra per riprendersi qualcosa (non si sa bene cosa) e alla fine chi ha lasciato il Camp Nou in lacrime è stato Pique, non certo Lautaro Martinez e il like galeotto di Messi non può far altro che colpire, non delicatamente, 90.000 catalani già distrutti nell'animo da 11 eroi vestiti di nero e azzurro. Buenos dias, culers, gracias por todo.


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